In una recentissima sentenza di questo mese (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 ottobre 2018 n.46401), la Corte ci ricorda un principio più volte affermato negli ultimi anni, secondo il quale “ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e di cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art.26 D.Lgs.vo 9.4.2008 n.81, occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quali il contratto di appalto, di opera o di somministrazione, ma all’effetto che tale rapporto origina, ovvero alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per la incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte.
Ad esempio, con particolare riferimento al subappalto, la Cassazione sottolinea che “con riferimento alla posizione del subappaltatore, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il sub committente è sollevato dai relativi obblighi solo ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore. I contratti cui fa riferimento la Cassazione in questa pronuncia e in quelle che verranno successivamente esaminate sono principalmente:
Contratto di appalto (art.1655 codice civile):
“L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”
Subappalto (art.1656 codice civile): “L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.”
Contratto di somministrazione (art.1559 codice civile):
“La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.”
Pochi mesi fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788) ha precisato che “al di là della definizione operata da parte dei contraenti […] del rapporto quale “contratto di appalto””, vi è stata comunque “una errata gestione da parte degli imputati del “rischio interferenziale”. Se il concetto di “gestione del rischio interferenziale” e, a monte, di “concreta interferenza”, sono dunque centrali in relazione all’obbligo del DUVRI, occorre focalizzare l’attenzione su come venga intesa esattamente l’interferenza in giurisprudenza.
La ratio della norma di cui all’art.26 D.Lgs 81/2008 è quella di far si che il datore di lavoro “committente” appresti un segmento all’interno della propria azienda al fine di prevenire ed evitare i rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla circostanza dovuta alla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all’ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa.”
Secondo la Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788, “l’interferenza rilevante – dovendosi ricercare una nozione che sia il più confacente possibile al perseguimento della sua ratio – deve essere necessariamente intesa in senso funzionale, ossia come interferenza non di soli lavoratori, ma come interferenza derivante dalla coesistenza di un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi (Così Sez. IV, sentenza n.36398 del 23 maggio 2013).
Emerge, quindi, che, nell’ambito di interferenza tra organizzazioni di più imprese, in cui è irrilevante l’interferenza di fatto tra lavoratori di plurime imprese, ciò che rileva è la presenza di un potere di interferenza nei confronti dell’appaltatore”.
Conclusioni
Una sentenza (Cassazione Penale, Sez.IV, 31 luglio 2018 n.36715), di pochi giorni successiva a quella appena esaminata, fornisce ulteriori approfondimenti in materia.
In linea con le altre sentenze esaminate, la Corte sottolinea in questa pronuncia che “ai fini dell’accertamento della penale responsabilità a titolo colposo, l’interferenza tra impresa appaltante ed appaltatrice non attiene alla valutazione delle sole attività rischiose, ma comporta che tutte le imprese coinvolte individuino specificamente le attività potenzialmente rischiose, ed intervengano per limitarne i rischi connessi.”
La Cassazione cita a questo punto la sentenza di legittimità che per la prima volta (per quanto ci consta) ha condannato – nel 2012 – un datore di lavoro di una grande azienda italiana per omicidio colposo per omissione del DUVRI, ricordando che “il personale della ditta appaltatrice ha infatti diritto di conoscere preventivamente, con valutazione a cura dell’appaltante, i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro. È stato in proposito affermato (Sez,4, n.5420 del 2012, non massimata) che il concetto di “interferenza” va inteso come “circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale tra imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti”.
Quindi “in sostanza, ancorché il personale della ditta appaltatrice operi autonomamente nell’ambito del luogo di lavoro della ditta appaltante, deve esser messo in condizione di conoscere, a cura della appaltante, preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro con riferimento, ovviamente, all’attività lavorativa che deve ivi svolgere.”
Parapetti provvisori – Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili.
La scelta dei parapetti provvisori.
Nel Quaderno Tecnico dell’ INAIL“ Parapetti provvisori”, non solo viene presentata la classificazione di tali protezioni secondo la norma tecnica di prodotto UNI EN 13374:2013, ma sono fornite informazioni anche sulla loro scelta, uso, montaggio, smontaggio e manutenzione.
In particolare si indica che la scelta del tipo di parapetto, e del relativo sistema di ancoraggio da adottare in una specifica realizzazione, “dipende dai rischi da eliminare e/o ridurre, preventivamente individuati nell’attività di valutazione dei rischi”.
La scelta deve essere fatta anche in relazione alle istruzioni contenute nel manuale fornito dal fabbricante e comunque tenendo conto di:
Si segnala che la norma UNI EN 13374 “suggerisce la classe di parapetto da utilizzare per diversi angoli di inclinazione della superficie di lavoro e per diverse altezze di caduta Hf. Essa è definita come la distanza verticale fra il punto in cui una persona sta in piedi e il punto più basso del parapetto”.
Ricordando che la classificazione dei parapetti provvisori secondo la UNI EN 13374:2013 divide i parapetti provvisori in tre classi (A, B, C) in base a requisiti prestazionali specificati, il Quaderno Tecnico indica che la classe A “può essere utilizzata fino ad inclinazioni di 10°”.
Mentre la classe B “può essere utilizzata:
Infine la classe C può essere utilizzata:
Riportiamo dal documento Inail, che vi invitiamo a leggere integralmente, una rappresentazione delle classi di utilizzo per inclinazioni e altezze di caduta diverse:
Montaggio e smontaggio dei parapetti
Il documento fornisce poi utili informazioni per la sicurezza nel montaggio e smontaggio dei parapetti.
Si indica, ad esempio, che prima del montaggio del parapetto provvisorio “è necessario verificare:
E se durante l’uso del parapetto provvisorio è necessario “attenersi alle indicazioni riportate nelle istruzioni del fabbricante”, prima del successivo smontaggio del parapetto è “necessario verificare:
Anche durante lo smontaggio del parapetto provvisorio è comunque necessario “attenersi alle indicazioni riportate nelle istruzioni del fabbricante”. E dopo lo smontaggio “è necessario verificare l’integrità di tutti i componenti (assenza di corrosione, assenza di danni ai materiali e alle saldature, assenza di deformazioni o ammaccature, corretta movimentazione delle parti mobili ed efficacia dei dispositivi di blocco e sblocco) per il possibile reimpiego”.
Quaderno Tecnico
Nessuna notifica preliminare al prefetto per i lavori privati.
Dal 5 ottobre scorso è in vigore il decreto sicurezza (dl n. 113/2018) contenente “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa”; nel provvedimento sono anche previste nuove regole per il monitoraggio dei cantieri.
In particolare, l’art. 26, comma 1, stabilisce che il committente o il responsabile dei lavori invii, prima dell’inizio dei lavori, la notifica preliminare non solo all’Asl e alla Direzione provinciale del lavoro, nonché al prefetto, andando così a modificare l’art. 99 del testo unico sulla sicurezza (dlgs 81/2008).
Il 7 novembre scorso il decreto sicurezza (dl n. 113/2018) ha ottenuto il via libera anche da parte del Senato, ma con il passaggio a Palazzo Madama il nuovo obbligo è stato ridimensionato: nei lavori privati la segnalazione di inizio attività non deve essere inviata anche al prefetto; l’obbligo permane solo per i lavori pubblici.
Nel dettaglio, le parole “nonché al prefetto” sono sostituite dalle seguenti “nonché, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto”.
I lavori privati vengono, quindi, esclusi dal perimetro del nuovo obbligo a carico del committente o del responsabile dei lavori.
Furto in appartamento ” La Corte Suprema di Cassazione condanna sia l’impresa che il condominio”
Un condomino ha citato dinanzi al Tribunale, il Condominio del quale faceva parte e l’impresa edile alla quale erano stati affidati dei lavori di ristrutturazione dell’edificio condominiale, al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni conseguenti al furto di alcuni preziosi e denaro sottratti nel suo appartamento ad opera di ignoti, introdottisi in casa attraverso il ponteggio lasciato incustodito dalla impresa esecutrice dei lavori. Il Tribunale ha accolta la domanda di parte attrice, condannando solidalmente sia l’impresa che il Condominio al pagamento in favore del ricorrente della somma di curo 28.249,89, nonché al pagamento delle spese di lite. Il Condominio ha proposto appello avverso tale sentenza in quanto estraneo ai fatti in causa, sostenendo che l’intera responsabilità dovesse ricadere sulla sola impresa appaltatrice ed eccependo l’inapplicabilità dell’art. 2051 del codice civile essendo il Condominio custode delle cose di proprietà comune e non anche dei ponteggi e che fosse esclusa la propria responsabilità, avendo inviato due fax all’impresa con i quali la sollecitava ad intervenire, adottando tutte le misure di sicurezza necessarie. La Corte di Appello ha accolto il ricorso del Condominio rigettando la domanda proposta dal condomino nei suoi confronti e condannando l’appellata al rimborso in favore dell’appellante delle spese di entrambi i gradi di giudizio. La stessa Corte territoriale, pur muovendo da un consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla solidarietà fra impresa esecutrice e il Condominio, aveva esclusa la responsabilità per culpa in vigilando di quest’ultimo avendo dimostrato di avere sollecitato più volte l’impresa a rimuovere il ponteggio, a fronte della sospensione dei lavori.
Il ricorso in cassazione e le decisioni della suprema Corte
Il condomino ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 del codice civile, riguardante la mancata custodia, da parte della Corte territoriale che si era limitata a pendere la propria decisione sulla mancanza della culpa in vigilando da parte del Condominio. Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La Corte territoriale, ha infatti sostenuto la suprema Corte, pur richiamando nella sentenza impugnata l’art. 2051 come norma che disciplina la responsabilità del condominio, ha poi di fatto esaminato solo il profilo della culpa in vigilando che propriamente è estraneo all’area dello stesso art. 2051. La stessa Corte territoriale invece ha omessa, come causa che ha portato al furto, qualsivoglia valutazione sulla colpevole inerzia della impresa (ancorché sollecitata) nel predispone cautele o nel rimuovere la struttura per cui la stessa Corte territoriale, secondo la Cassazione, avrebbe dovuto valutare il predetto aspetto per verificare l’assenza o meno di responsabilità da parte del Condominio.
Infatti, ha così concluso la suprema Corte, “nella ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio è configurabile la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2043 cod. civ., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex art. 2051 cod. civ., per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura”.
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Oggi le aziende devono rispettare numerosi obblighi di legge in ambito di sicurezza, ambiente e qualità ,noi siamo convinti che conoscerli è il primo passo, che ogni imprenditore deve intraprendere per affrontare il difficile mercato del lavoro. Con l’obiettivo di sensibilizzare le aziende su tematiche di primaria importanza, offriamo in esclusiva un check up gratuito; una consulenza completa mirata ad individuare subito i punti critici e le eventuali soluzioni da adottare.
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Dott. Antonio De Simone – mob. 347/9179483 oppure mail: info@desimoneconsulting.it
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Tragedia sul lavoro ad Agropoli.
Incidente mortale sul lavoro questa mattina ad Agropoli: a perdere la vita l’imprenditore 60enne Alessio Merola, originario del comune cilentano e titolare di una ditta di costruzioni edili. La tragedia è avvenuta intorno alle ore 7 di stamane in Via Pasquale Voso (nella foto), una traversa di Via Risorgimento sul lungomare, dove l’uomo dirigeva il cantiere relativo alla ristrutturazione di un edificio. Secondo le prime testimonianze e ricostruzioni raccolte dagli inquirenti, per cause ancora da accertare Merola avrebbe perso l’equilibro scivolando da un’impalcatura durante le operazioni di carico di alcuni materiali con la gru: l’uomo è così precipitato nel vuoto, schiantandosi su un camion sottostante, dopo un volo di oltre 15 metri.
Il costruttore è morto sul colpo a causa di un gravissimo trauma cranico e toracico riportato nel violento impatto: a nulla sono valsi tutti i tentativi di aiutarlo da parte degli operai e dei sanitari. Sul posto sono giunti immediatamente i carabinieri della Compagnia di Agropoli, coordinati dal cap. Francesco Manna, che hanno sequestrato l’area di cantiere ed avvisato il magistrato di turno presso la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, che ha disposto l’esame esterno sulla salma a cura del medico legale. Sul luogo della tragedia anche il sindaco di Agropoli, Adamo Coppola. Sotto choc la comunità agropolese, dove Merola era molto conosciuto e stimato come un grande lavoratore, onesto ed appassionato al suo lavoro.
“Un grande lavoratore , onesto ed appassionato al suo lavoro” perde la vita per una tragica fatalità, ma la notizia assume una veste ancora più drammatica, perchè per l’ennesima volta stiamo qui a commentare una morte EVITABILE. Spero che la stima di cui era circondato questo grande lavoratore possa essere un momento di riflessione per tutti.
La responsabilità per l’infortunio di un dipendente di un subappaltatore.
Se nella catena degli appalti e subappalti si nascondono spesso le cause di molti infortuni lavorativi, è importante soffermarsi spesso sulle responsabilità, sui ruoli, sulle posizioni di garanzia dei vari attori dei contratti di appalto. Una nuova pronuncia della Corte di Cassazione che si è soffermata sul rapporto tra subappaltante e subappaltatore, nel caso di infortunio di un dipendente di quest’ultimo, è la sentenza n. 18660 del 30 aprile 2018. Una sentenza che indica come la sfera di controllo del subappaltante-committente non possa estendersi fino alla sostituzione del subappaltatore-datore di lavoro nell’attività di formazione-informazione dei dipendenti.
La sentenza della Corte di appello
Nella recente pronuncia della Cassazione si scrive che, con sentenza del 30 settembre 2016, “la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado che ha assolto F.B. dal reato di lesioni personali colpose relativamente all’infortunio sul lavoro avvenuto durante l’intervento edilizio attuato dalla società del F.B., che aveva subappaltato opere di demolizione alla ditta I.R., alle cui dipendenze lavorava M.R. il quale aveva riportato gravi lesioni al bacino a seguito del crollo di un tramezzo in muratura avvenuto, appunto, nel corso dei lavori di demolizione. Secondo i giudici di merito dovevano ritenersi insussistenti i profili di responsabilità specificamente addebiti al F.B.”. A questo proposito la Corte di appello, quanto alla omessa predisposizione di idonee misure atte ad evitare crolli intempestivi dei tramezzi, “riteneva dubbio che tali misure fossero nel caso necessarie, trattandosi di un tramezzo interno costruito in un momento successivo alla realizzazione dell’edificio, quindi privo di rilievo strutturale; osservava comunque che tale omissione non era stata rilevante nella causazione dell’incidente, essendo emerso pacificamente che il tramezzo si era ribaltato contro il M.R. poiché costui aveva deliberatamente disatteso le modalità operative recepite nel Piano Demolizioni predisposto dalla ditta F.B., che prevedevano l’abbattimento del muro dall’alto verso il basso, mentre il lavoratore aveva sferrato colpi di mazza verso la base del muro”. E relativamente all’addebito di mancata formazione-informazione del lavoratore infortunato la stessa sentenza “concludeva nel senso che di tale obbligo non potesse farsi carico il F.B., trattandosi di compito specifico del datore di lavoro del M.R. (I.R.); né era emerso che l’imputato fosse a conoscenza della carente formazione dell’operaio in questione”.
Il ricorso per cassazione
In relazione a questa sentenza del 2016 “ha proposto ricorso per cassazione la parte civile M.R., lamentando, con unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione della sentenza”.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
In relazione a tali deduzioni la Cassazione segnala che la sentenza impugnata “affronta adeguatamente il problema, e con motivazione che va esente da profili di illegittimità censurabili in questa sede, pur riconoscendo la compresenza delle due imprese nello stesso cantiere organizzato, e gli obblighi incombenti sul F.B. – limitatamente alla sua ‘sfera di controllo’ – quale soggetto facente capo alla ditta subappaltante, esclude motivatamente la ricorrenza dei due profili di colpa specifica contestati al prevenuto”. In particolare quanto alla omessa predisposizione di ‘idonee misure atte ad evitare crolli intempestivi di tramezzi non adeguatamente ancorati alle murature perimetrali’, “la Corte distrettuale osserva che il crollo aveva interessato un tramezzo interno privo di rilevanza strutturale, quindi non necessitante di puntellamento, il cui cedimento era stato causato dallo stesso lavoratore (M.R.) il quale, seguendo una procedura operativa scorretta, aveva sferrato colpi di mazza verso la base del muro, provocandone il cedimento per mancanza di sostegno; rileva, quindi, l’insussistenza del nesso causale tra l’evento lesivo ed il mancato puntellamento del muro”. Riguardo poi al profilo di colpa riguardante la mancata formazione-informazione del M.R., “la sentenza osserva, correttamente, come la sfera di controllo del subappaltante-committente non può estendersi fino alla sostituzione del subappaltatore-datore di lavoro nell’attività di formazione-informazione dei dipendenti di quest’ultimo (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi ed altri, Rv. 26497401; Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 25267201), rilevando la non esigibilità di un controllo pressante, continuo e capillare del F.B. sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, fino al punto di verificare in proprio la professionalità e la competenza in materia di sicurezza di ciascun dipendente della ditta subappaltatrice; né – continua la Corte territoriale – era emerso che l’imputato fosse posto a conoscenza della carente formazione del M.R.”. In definitiva – continua la Cassazione – “si tratta di logiche e coerenti argomentazioni che non sono state in alcun modo specificamente contestate o confutate nel ricorso del M.R., che va pertanto dichiarato inammissibile”. La Cassazione oltre a dichiarare inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende.
D.U.V.R.I. : “l’interferenza rilevante”
In una recentissima sentenza di questo mese (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 ottobre 2018 n.46401), la Corte ci ricorda un principio più volte affermato negli ultimi anni, secondo il quale “ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e di cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art.26 D.Lgs.vo 9.4.2008 n.81, occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quali il contratto di appalto, di opera o di somministrazione, ma all’effetto che tale rapporto origina, ovvero alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per la incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte.
Ad esempio, con particolare riferimento al subappalto, la Cassazione sottolinea che “con riferimento alla posizione del subappaltatore, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il sub committente è sollevato dai relativi obblighi solo ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore. I contratti cui fa riferimento la Cassazione in questa pronuncia e in quelle che verranno successivamente esaminate sono principalmente:
Contratto di appalto (art.1655 codice civile):
“L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”
Subappalto (art.1656 codice civile): “L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.”
Contratto di somministrazione (art.1559 codice civile):
“La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.”
Pochi mesi fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788) ha precisato che “al di là della definizione operata da parte dei contraenti […] del rapporto quale “contratto di appalto””, vi è stata comunque “una errata gestione da parte degli imputati del “rischio interferenziale”. Se il concetto di “gestione del rischio interferenziale” e, a monte, di “concreta interferenza”, sono dunque centrali in relazione all’obbligo del DUVRI, occorre focalizzare l’attenzione su come venga intesa esattamente l’interferenza in giurisprudenza.
La ratio della norma di cui all’art.26 D.Lgs 81/2008 è quella di far si che il datore di lavoro “committente” appresti un segmento all’interno della propria azienda al fine di prevenire ed evitare i rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla circostanza dovuta alla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all’ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa.”
Secondo la Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788, “l’interferenza rilevante – dovendosi ricercare una nozione che sia il più confacente possibile al perseguimento della sua ratio – deve essere necessariamente intesa in senso funzionale, ossia come interferenza non di soli lavoratori, ma come interferenza derivante dalla coesistenza di un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi (Così Sez. IV, sentenza n.36398 del 23 maggio 2013).
Emerge, quindi, che, nell’ambito di interferenza tra organizzazioni di più imprese, in cui è irrilevante l’interferenza di fatto tra lavoratori di plurime imprese, ciò che rileva è la presenza di un potere di interferenza nei confronti dell’appaltatore”.
Conclusioni
Una sentenza (Cassazione Penale, Sez.IV, 31 luglio 2018 n.36715), di pochi giorni successiva a quella appena esaminata, fornisce ulteriori approfondimenti in materia.
In linea con le altre sentenze esaminate, la Corte sottolinea in questa pronuncia che “ai fini dell’accertamento della penale responsabilità a titolo colposo, l’interferenza tra impresa appaltante ed appaltatrice non attiene alla valutazione delle sole attività rischiose, ma comporta che tutte le imprese coinvolte individuino specificamente le attività potenzialmente rischiose, ed intervengano per limitarne i rischi connessi.”
La Cassazione cita a questo punto la sentenza di legittimità che per la prima volta (per quanto ci consta) ha condannato – nel 2012 – un datore di lavoro di una grande azienda italiana per omicidio colposo per omissione del DUVRI, ricordando che “il personale della ditta appaltatrice ha infatti diritto di conoscere preventivamente, con valutazione a cura dell’appaltante, i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro. È stato in proposito affermato (Sez,4, n.5420 del 2012, non massimata) che il concetto di “interferenza” va inteso come “circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale tra imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti”.
Quindi “in sostanza, ancorché il personale della ditta appaltatrice operi autonomamente nell’ambito del luogo di lavoro della ditta appaltante, deve esser messo in condizione di conoscere, a cura della appaltante, preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro con riferimento, ovviamente, all’attività lavorativa che deve ivi svolgere.”
Corso di aggiornamento per Rappresentanti dei Lavoratori
Sono aperte le iscrizioni al corso di formazione per aggiornamento R.L.S. così come previsto dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Così recita il D.Lgs. 81/08 all’art 47 comma 2 sancendo in questo modo l’importanza di tale figura nel sistema di prevenzione della sicurezza aziendale.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ha diritto ad una formazione specifica in materia di salute e sicurezza, indicata nell’art. 37 del D. Lgs. 81/08.
Per maggiori informazioni e/o per l’iscrizione al corso è possibile utilizzare uno dei seguenti contatti:
Dott. Antonio De Simone – mob. 347/9179483 oppure mail: info@desimoneconsulting.it
Gli incidenti rilevanti e l’evoluzione delle indagini sugli infortuni.
L’evoluzione delle indagini sugli incidenti.
L’investigazione degli eventi è finalizzata a “ricercare le soluzioni a dei problemi al fine di migliorare i livelli prestazionali in termini di sicurezza”. E Reason (1993, 2008) descrive “tre periodi che riguardano i principali focus in termini di sicurezza”. Wilpert e Fahlburg “ne hanno aggiunto un quarto (Dien, 2012):
Reason (2008), nel suo libro Human Contribution, “descrive l’evoluzione nel tempo degli esiti salienti delle investigazioni in relazione agli incidenti occorsi nei vari decenni”.
Si ricorda che se negli anni ’60, quando si cominciò a porre l’attenzione sul problema dell’errore, “si stimava che il contributo dei problemi legati ai fattori umani nel generare gli incidenti si aggirasse intorno al 20%”, nel 1990 “tale stima si quadruplicò e si assestò intorno all’80%. Ciò non era tanto legato al fatto che le persone erano diventate più fallibili, ma al fatto che il notevole miglioramento dei materiali e delle tecniche ingegneristiche hanno reso i fattori umani più rilevanti rispetto ai guasti tecnici”.
Si segnala poi che negli anni ‘70 “si osservò un numero di incidenti aerei di significativa gravità, il più rilevante dei quali riguardò la collisione tra due Jumbo Jet avvenuta a Tenerife nel 1977: il peggior incidente aereo del mondo. Dopo Chernobyl nel 1986, l’ambito legato ai fattori umani si ampliò, includendo le violazioni procedurali. Negli anni 70, il focus restava incentrato sul ruolo degli operatori di front-line: i piloti, i macchinisti, gli operatori della sala di controllo, e simili. Ma le analisi dettagliate sui fattori che portarono al disastro avvenuto nell’impianto nucleare Three Mile Island nel 1979 misero in luce i fallimenti legati agli aspetti manageriali, manutentivi e sistemici, nonché gli stessi errori commessi nella sala controllo”. E a partire dai primi anni ’80, “divenne evidente che le persone poste in una posizione di front-line non rappresentavano tanto gli attivatori degli eventi avversi, quanto gli eredi di problemi connessi all’ambiente di lavoro e al sistema”.
Se soprattutto grazie ai contributi di Reason è stato coniato il concetto di “evento organizzativo”, più recentemente “ci si sta muovendo verso la presa in carico dei fattori organizzativi. Da un punto di vista punto concettuale, i “fattori organizzativi” coprono la prospettiva socio-tecnologica come pure gli aspetti delle relazioni inter-organizzative”.
I risultati dell’evoluzione descritta sono “cumulativi, non esclusivi (aspetti tecnici, fattori umani e aspetti organizzativi). Nessuno aspetto deve essere ignorato in favore di un altro”.