Il regolamento europeo è ormai pienamente in vigore da quasi due anni e mezzo e pertanto il periodo di grazia, informalmente concesso in parecchi paesi, è giunto al termine. La presidente del comitato europeo per la protezione dei dati, Andrea Jelinek, ed il nuovo garante irlandese, durante un recente incontro a Bruxelles, hanno fatto presente che ormai il periodo di tolleranza, che in molti paesi è stato attuato, per dare tempo ai titolari di recepire correttamente i dettati del nuovo regolamento europeo, è quasi giunto al termine. Ci si aspetta che nel 2019 comincino ad essere applicate le sanzioni, calcolate secondo le nuove modalità, con un incremento sensibile del numero dei soggetti coinvolti.
La presidente del comitato europeo ha già fatto presente che il comitato sta lavorando su alcuni problemi legati al trasferimento di dati fra vari paesi ed ha già avuto notizia più di 3000 violazioni dei dati, che dovranno essere esaminate secondo le nuove modalità.
Di seguito proponiamo qualche chiarimento.
Cosa è il registro delle attività di trattamento?
L’art. 30 del Regolamento (EU) n. 679/2016 (di seguito “RGPD”) prevede tra gli adempimenti principali del titolare e del responsabile del trattamento la tenuta del registro delle attività di trattamento. E’ un documento contenente le principali informazioni (specificatamente individuate dall’art. 30 del RGPD) relative alle operazioni di trattamento svolte dal titolare e, se nominato, dal responsabile del trattamento (sul registro del responsabile, vedi, in particolare, il punto 6).
Costituisce uno dei principali elementi di accountability del titolare, in quanto strumento idoneo a fornire un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno della propria organizzazione, indispensabile per ogni attività di valutazione o analisi del rischio e dunque preliminare rispetto a tali attività.
Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.
2. Chi è tenuto a redigerlo?
Tutti i titolari e i responsabili del trattamento sono tenuti a redigere il Registro delle attività di trattamento (v. art. 30, par. 1 e 2 del RGPD).
In particolare, in ambito privato, i soggetti obbligati sono così individuabili:
- imprese o organizzazioni con almeno 250 dipendenti;
- qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti che possano presentare un rischio – anche non elevato – per i diritti e le libertà dell’interessato;
- qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti non occasionali;
- qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti delle categorie particolari di dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1 RGPD, o di dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10 RGPD.
Rientrano nella categoria delle “organizzazioni” di cui all’art. 30, par. 5 anche le associazioni, fondazioni e i comitati.
Alla luce di quanto detto sopra, sono tenuti all’obbligo di redazione del registro, ad esempio:
- esercizi commerciali, esercizi pubblici o artigiani con almeno un dipendente (bar, ristoranti, officine, negozi, piccola distribuzione, ecc.) e/o che trattino dati sanitari dei clienti (es. parrucchieri, estetisti, ottici, odontotecnici, tatuatori ecc.);
- liberi professionisti con almeno un dipendente e/o che trattino dati sanitari e/o dati relativi a condanne penali o reati (es. commercialisti, notai, avvocati, osteopati, fisioterapisti, farmacisti, medici in generale);
- associazioni, fondazioni e comitati ove trattino “categorie particolari di dati” e/o dati relativi a condanne penali o reati (i.e. organizzazioni di tendenza; associazioni a tutela di soggetti c.d. “vulnerabili” quali ad esempio malati, persone con disabilità, ex detenuti ecc.; associazioni che perseguono finalità di prevenzione e contrasto delle discriminazioni di genere, razziali, basate sull’orientamento sessuale, politico o religioso ecc.; associazioni sportive con riferimento ai dati sanitari trattati; partiti e movimenti politici; sindacati; associazioni e movimenti a carattere religioso);
- il condominio ove tratti “categorie particolari di dati” (es. delibere per interventi volti al superamento e all’abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della L. n. 13/1989; richieste di risarcimento danni comprensive di spese mediche relativi a sinistri avvenuti all’interno dei locali condominiali).
Infine, si precisa che le imprese e organizzazioni con meno di 250 dipendenti obbligate alla tenuta del registro potranno comunque beneficiare di alcune misure di semplificazione, potendo circoscrivere l’obbligo di redazione del registro alle sole specifiche attività di trattamento sopra individuate (es. ove il trattamento delle categorie particolari di dati si riferisca a quelli inerenti un solo lavoratore dipendente, il registro potrà essere predisposto e mantenuto esclusivamente con riferimento a tale limitata tipologia di trattamento).
Al di fuori dei casi di tenuta obbligatoria del Registro, anche alla luce del considerando 82 del RGPD, il Garante ne raccomanda la redazione a tutti i titolari e responsabili del trattamento, in quanto strumento che, fornendo piena contezza del tipo di trattamenti svolti, contribuisce a meglio attuare, con modalità semplici e accessibili a tutti, il principio di accountability e, al contempo, ad agevolare in maniera dialogante e collaborativa l’attività di controllo del Garante stesso.
Si invita altresì a consultare il documento interpretativo del 19 aprile 2018 del Gruppo ex art. 29 (Ora Comitato europeo per la protezione dei dati) reperibile al seguente link: http://ec.europa.eu/newsroom/article29/item-detail.cfm?item_id=624045
Per maggiori informazioni non esitate a contattarci.
DL semplificazioni: Abolizione Sistri dal 1° gennaio 2019.
Tracciamento rifiuti, cosa succederà?
Dal primo gennaio 2019 è soppresso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri). E’ quanto si legge nella bozza del Dl Semplificazioni atteso sul tavolo del prossimo Cdm. Verranno così aboliti anche i contributi da versare per la costituzione e il funzionamento del Sistri a carico degli operatori iscritti con un contributo annuale.
I soggetti tenuti alla tracciabilità dei rifiuti compiranno i propri adempimenti attraverso il ricorso a moduli cartacei, compilando i registri di carico e scarico e formulari di identificazione (FIR, MUD) in attesa di un nuovo sistema di tracciabilità.
Il Sistri è stato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali – ha affermato in merito il Ministro dell’Ambiente Costa -, un sistema mai entrato effettivamente in funzione, che però ha comportato costi sostenuti dalle imprese coinvolte e dallo Stato che hanno superato i 141 milioni di euro dal 2010 ad oggi.
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Privacy: Registro delle attività di trattamento dati personali
Il regolamento europeo è ormai pienamente in vigore da quasi due anni e mezzo e pertanto il periodo di grazia, informalmente concesso in parecchi paesi, è giunto al termine. La presidente del comitato europeo per la protezione dei dati, Andrea Jelinek, ed il nuovo garante irlandese, durante un recente incontro a Bruxelles, hanno fatto presente che ormai il periodo di tolleranza, che in molti paesi è stato attuato, per dare tempo ai titolari di recepire correttamente i dettati del nuovo regolamento europeo, è quasi giunto al termine. Ci si aspetta che nel 2019 comincino ad essere applicate le sanzioni, calcolate secondo le nuove modalità, con un incremento sensibile del numero dei soggetti coinvolti.
La presidente del comitato europeo ha già fatto presente che il comitato sta lavorando su alcuni problemi legati al trasferimento di dati fra vari paesi ed ha già avuto notizia più di 3000 violazioni dei dati, che dovranno essere esaminate secondo le nuove modalità.
Di seguito proponiamo qualche chiarimento.
Cosa è il registro delle attività di trattamento?
L’art. 30 del Regolamento (EU) n. 679/2016 (di seguito “RGPD”) prevede tra gli adempimenti principali del titolare e del responsabile del trattamento la tenuta del registro delle attività di trattamento. E’ un documento contenente le principali informazioni (specificatamente individuate dall’art. 30 del RGPD) relative alle operazioni di trattamento svolte dal titolare e, se nominato, dal responsabile del trattamento (sul registro del responsabile, vedi, in particolare, il punto 6).
Costituisce uno dei principali elementi di accountability del titolare, in quanto strumento idoneo a fornire un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno della propria organizzazione, indispensabile per ogni attività di valutazione o analisi del rischio e dunque preliminare rispetto a tali attività.
Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.
2. Chi è tenuto a redigerlo?
Tutti i titolari e i responsabili del trattamento sono tenuti a redigere il Registro delle attività di trattamento (v. art. 30, par. 1 e 2 del RGPD).
In particolare, in ambito privato, i soggetti obbligati sono così individuabili:
Rientrano nella categoria delle “organizzazioni” di cui all’art. 30, par. 5 anche le associazioni, fondazioni e i comitati.
Alla luce di quanto detto sopra, sono tenuti all’obbligo di redazione del registro, ad esempio:
Infine, si precisa che le imprese e organizzazioni con meno di 250 dipendenti obbligate alla tenuta del registro potranno comunque beneficiare di alcune misure di semplificazione, potendo circoscrivere l’obbligo di redazione del registro alle sole specifiche attività di trattamento sopra individuate (es. ove il trattamento delle categorie particolari di dati si riferisca a quelli inerenti un solo lavoratore dipendente, il registro potrà essere predisposto e mantenuto esclusivamente con riferimento a tale limitata tipologia di trattamento).
Al di fuori dei casi di tenuta obbligatoria del Registro, anche alla luce del considerando 82 del RGPD, il Garante ne raccomanda la redazione a tutti i titolari e responsabili del trattamento, in quanto strumento che, fornendo piena contezza del tipo di trattamenti svolti, contribuisce a meglio attuare, con modalità semplici e accessibili a tutti, il principio di accountability e, al contempo, ad agevolare in maniera dialogante e collaborativa l’attività di controllo del Garante stesso.
Si invita altresì a consultare il documento interpretativo del 19 aprile 2018 del Gruppo ex art. 29 (Ora Comitato europeo per la protezione dei dati) reperibile al seguente link: http://ec.europa.eu/newsroom/article29/item-detail.cfm?item_id=624045
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Primo soccorso: cosa è obbligatorio avere in azienda.
Le disposizioni relative al primo e pronto soccorso aziendale sono individuate dal Decreto del Ministro della salute 15 luglio 2003, n. 388. Riguardo al primo soccorso nei luoghi di lavoro sono molti gli aspetti importanti da prendere in considerazione come:
la classificazione delle aziende, le caratteristiche dei presidi e delle attrezzature, i requisiti del personale addetto e l’organizzazione delle procedure di soccorso.
Il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
Riportiamo nella Tabella 1 la classificazione aziendale dettata dal DM 388/2003:
Per tutte le informazioni relative ai corsi di primo e pronto soccorso aziendale non esitate a contattarci.
Parapetti provvisori – Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili.
La scelta dei parapetti provvisori.
Nel Quaderno Tecnico dell’ INAIL“ Parapetti provvisori”, non solo viene presentata la classificazione di tali protezioni secondo la norma tecnica di prodotto UNI EN 13374:2013, ma sono fornite informazioni anche sulla loro scelta, uso, montaggio, smontaggio e manutenzione.
In particolare si indica che la scelta del tipo di parapetto, e del relativo sistema di ancoraggio da adottare in una specifica realizzazione, “dipende dai rischi da eliminare e/o ridurre, preventivamente individuati nell’attività di valutazione dei rischi”.
La scelta deve essere fatta anche in relazione alle istruzioni contenute nel manuale fornito dal fabbricante e comunque tenendo conto di:
Si segnala che la norma UNI EN 13374 “suggerisce la classe di parapetto da utilizzare per diversi angoli di inclinazione della superficie di lavoro e per diverse altezze di caduta Hf. Essa è definita come la distanza verticale fra il punto in cui una persona sta in piedi e il punto più basso del parapetto”.
Ricordando che la classificazione dei parapetti provvisori secondo la UNI EN 13374:2013 divide i parapetti provvisori in tre classi (A, B, C) in base a requisiti prestazionali specificati, il Quaderno Tecnico indica che la classe A “può essere utilizzata fino ad inclinazioni di 10°”.
Mentre la classe B “può essere utilizzata:
Infine la classe C può essere utilizzata:
Riportiamo dal documento Inail, che vi invitiamo a leggere integralmente, una rappresentazione delle classi di utilizzo per inclinazioni e altezze di caduta diverse:
Montaggio e smontaggio dei parapetti
Il documento fornisce poi utili informazioni per la sicurezza nel montaggio e smontaggio dei parapetti.
Si indica, ad esempio, che prima del montaggio del parapetto provvisorio “è necessario verificare:
E se durante l’uso del parapetto provvisorio è necessario “attenersi alle indicazioni riportate nelle istruzioni del fabbricante”, prima del successivo smontaggio del parapetto è “necessario verificare:
Anche durante lo smontaggio del parapetto provvisorio è comunque necessario “attenersi alle indicazioni riportate nelle istruzioni del fabbricante”. E dopo lo smontaggio “è necessario verificare l’integrità di tutti i componenti (assenza di corrosione, assenza di danni ai materiali e alle saldature, assenza di deformazioni o ammaccature, corretta movimentazione delle parti mobili ed efficacia dei dispositivi di blocco e sblocco) per il possibile reimpiego”.
Quaderno Tecnico
Nessuna notifica preliminare al prefetto per i lavori privati.
Dal 5 ottobre scorso è in vigore il decreto sicurezza (dl n. 113/2018) contenente “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa”; nel provvedimento sono anche previste nuove regole per il monitoraggio dei cantieri.
In particolare, l’art. 26, comma 1, stabilisce che il committente o il responsabile dei lavori invii, prima dell’inizio dei lavori, la notifica preliminare non solo all’Asl e alla Direzione provinciale del lavoro, nonché al prefetto, andando così a modificare l’art. 99 del testo unico sulla sicurezza (dlgs 81/2008).
Il 7 novembre scorso il decreto sicurezza (dl n. 113/2018) ha ottenuto il via libera anche da parte del Senato, ma con il passaggio a Palazzo Madama il nuovo obbligo è stato ridimensionato: nei lavori privati la segnalazione di inizio attività non deve essere inviata anche al prefetto; l’obbligo permane solo per i lavori pubblici.
Nel dettaglio, le parole “nonché al prefetto” sono sostituite dalle seguenti “nonché, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto”.
I lavori privati vengono, quindi, esclusi dal perimetro del nuovo obbligo a carico del committente o del responsabile dei lavori.
Furto in appartamento ” La Corte Suprema di Cassazione condanna sia l’impresa che il condominio”
Un condomino ha citato dinanzi al Tribunale, il Condominio del quale faceva parte e l’impresa edile alla quale erano stati affidati dei lavori di ristrutturazione dell’edificio condominiale, al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni conseguenti al furto di alcuni preziosi e denaro sottratti nel suo appartamento ad opera di ignoti, introdottisi in casa attraverso il ponteggio lasciato incustodito dalla impresa esecutrice dei lavori. Il Tribunale ha accolta la domanda di parte attrice, condannando solidalmente sia l’impresa che il Condominio al pagamento in favore del ricorrente della somma di curo 28.249,89, nonché al pagamento delle spese di lite. Il Condominio ha proposto appello avverso tale sentenza in quanto estraneo ai fatti in causa, sostenendo che l’intera responsabilità dovesse ricadere sulla sola impresa appaltatrice ed eccependo l’inapplicabilità dell’art. 2051 del codice civile essendo il Condominio custode delle cose di proprietà comune e non anche dei ponteggi e che fosse esclusa la propria responsabilità, avendo inviato due fax all’impresa con i quali la sollecitava ad intervenire, adottando tutte le misure di sicurezza necessarie. La Corte di Appello ha accolto il ricorso del Condominio rigettando la domanda proposta dal condomino nei suoi confronti e condannando l’appellata al rimborso in favore dell’appellante delle spese di entrambi i gradi di giudizio. La stessa Corte territoriale, pur muovendo da un consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla solidarietà fra impresa esecutrice e il Condominio, aveva esclusa la responsabilità per culpa in vigilando di quest’ultimo avendo dimostrato di avere sollecitato più volte l’impresa a rimuovere il ponteggio, a fronte della sospensione dei lavori.
Il ricorso in cassazione e le decisioni della suprema Corte
Il condomino ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 del codice civile, riguardante la mancata custodia, da parte della Corte territoriale che si era limitata a pendere la propria decisione sulla mancanza della culpa in vigilando da parte del Condominio. Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La Corte territoriale, ha infatti sostenuto la suprema Corte, pur richiamando nella sentenza impugnata l’art. 2051 come norma che disciplina la responsabilità del condominio, ha poi di fatto esaminato solo il profilo della culpa in vigilando che propriamente è estraneo all’area dello stesso art. 2051. La stessa Corte territoriale invece ha omessa, come causa che ha portato al furto, qualsivoglia valutazione sulla colpevole inerzia della impresa (ancorché sollecitata) nel predispone cautele o nel rimuovere la struttura per cui la stessa Corte territoriale, secondo la Cassazione, avrebbe dovuto valutare il predetto aspetto per verificare l’assenza o meno di responsabilità da parte del Condominio.
Infatti, ha così concluso la suprema Corte, “nella ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio è configurabile la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2043 cod. civ., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex art. 2051 cod. civ., per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura”.
Per il nostro black friday ” Prenota un check up gratuito per la tua azienda”
Oggi le aziende devono rispettare numerosi obblighi di legge in ambito di sicurezza, ambiente e qualità ,noi siamo convinti che conoscerli è il primo passo, che ogni imprenditore deve intraprendere per affrontare il difficile mercato del lavoro. Con l’obiettivo di sensibilizzare le aziende su tematiche di primaria importanza, offriamo in esclusiva un check up gratuito; una consulenza completa mirata ad individuare subito i punti critici e le eventuali soluzioni da adottare.
Il nostro check up è gratuito al 100% e ti permette di avere un quadro completo delle procedure da seguire per metterti in regola. Puoi inoltrare la tua richiesta direttamente dal nostro sito web www.desimoneconsulting.it
Per maggiori informazioni è possibile utilizzare uno dei seguenti contatti:
Dott. Antonio De Simone – mob. 347/9179483 oppure mail: info@desimoneconsulting.it
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Tragedia sul lavoro ad Agropoli.
Incidente mortale sul lavoro questa mattina ad Agropoli: a perdere la vita l’imprenditore 60enne Alessio Merola, originario del comune cilentano e titolare di una ditta di costruzioni edili. La tragedia è avvenuta intorno alle ore 7 di stamane in Via Pasquale Voso (nella foto), una traversa di Via Risorgimento sul lungomare, dove l’uomo dirigeva il cantiere relativo alla ristrutturazione di un edificio. Secondo le prime testimonianze e ricostruzioni raccolte dagli inquirenti, per cause ancora da accertare Merola avrebbe perso l’equilibro scivolando da un’impalcatura durante le operazioni di carico di alcuni materiali con la gru: l’uomo è così precipitato nel vuoto, schiantandosi su un camion sottostante, dopo un volo di oltre 15 metri.
Il costruttore è morto sul colpo a causa di un gravissimo trauma cranico e toracico riportato nel violento impatto: a nulla sono valsi tutti i tentativi di aiutarlo da parte degli operai e dei sanitari. Sul posto sono giunti immediatamente i carabinieri della Compagnia di Agropoli, coordinati dal cap. Francesco Manna, che hanno sequestrato l’area di cantiere ed avvisato il magistrato di turno presso la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, che ha disposto l’esame esterno sulla salma a cura del medico legale. Sul luogo della tragedia anche il sindaco di Agropoli, Adamo Coppola. Sotto choc la comunità agropolese, dove Merola era molto conosciuto e stimato come un grande lavoratore, onesto ed appassionato al suo lavoro.
“Un grande lavoratore , onesto ed appassionato al suo lavoro” perde la vita per una tragica fatalità, ma la notizia assume una veste ancora più drammatica, perchè per l’ennesima volta stiamo qui a commentare una morte EVITABILE. Spero che la stima di cui era circondato questo grande lavoratore possa essere un momento di riflessione per tutti.
La responsabilità per l’infortunio di un dipendente di un subappaltatore.
Se nella catena degli appalti e subappalti si nascondono spesso le cause di molti infortuni lavorativi, è importante soffermarsi spesso sulle responsabilità, sui ruoli, sulle posizioni di garanzia dei vari attori dei contratti di appalto. Una nuova pronuncia della Corte di Cassazione che si è soffermata sul rapporto tra subappaltante e subappaltatore, nel caso di infortunio di un dipendente di quest’ultimo, è la sentenza n. 18660 del 30 aprile 2018. Una sentenza che indica come la sfera di controllo del subappaltante-committente non possa estendersi fino alla sostituzione del subappaltatore-datore di lavoro nell’attività di formazione-informazione dei dipendenti.
La sentenza della Corte di appello
Nella recente pronuncia della Cassazione si scrive che, con sentenza del 30 settembre 2016, “la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado che ha assolto F.B. dal reato di lesioni personali colpose relativamente all’infortunio sul lavoro avvenuto durante l’intervento edilizio attuato dalla società del F.B., che aveva subappaltato opere di demolizione alla ditta I.R., alle cui dipendenze lavorava M.R. il quale aveva riportato gravi lesioni al bacino a seguito del crollo di un tramezzo in muratura avvenuto, appunto, nel corso dei lavori di demolizione. Secondo i giudici di merito dovevano ritenersi insussistenti i profili di responsabilità specificamente addebiti al F.B.”. A questo proposito la Corte di appello, quanto alla omessa predisposizione di idonee misure atte ad evitare crolli intempestivi dei tramezzi, “riteneva dubbio che tali misure fossero nel caso necessarie, trattandosi di un tramezzo interno costruito in un momento successivo alla realizzazione dell’edificio, quindi privo di rilievo strutturale; osservava comunque che tale omissione non era stata rilevante nella causazione dell’incidente, essendo emerso pacificamente che il tramezzo si era ribaltato contro il M.R. poiché costui aveva deliberatamente disatteso le modalità operative recepite nel Piano Demolizioni predisposto dalla ditta F.B., che prevedevano l’abbattimento del muro dall’alto verso il basso, mentre il lavoratore aveva sferrato colpi di mazza verso la base del muro”. E relativamente all’addebito di mancata formazione-informazione del lavoratore infortunato la stessa sentenza “concludeva nel senso che di tale obbligo non potesse farsi carico il F.B., trattandosi di compito specifico del datore di lavoro del M.R. (I.R.); né era emerso che l’imputato fosse a conoscenza della carente formazione dell’operaio in questione”.
Il ricorso per cassazione
In relazione a questa sentenza del 2016 “ha proposto ricorso per cassazione la parte civile M.R., lamentando, con unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione della sentenza”.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
In relazione a tali deduzioni la Cassazione segnala che la sentenza impugnata “affronta adeguatamente il problema, e con motivazione che va esente da profili di illegittimità censurabili in questa sede, pur riconoscendo la compresenza delle due imprese nello stesso cantiere organizzato, e gli obblighi incombenti sul F.B. – limitatamente alla sua ‘sfera di controllo’ – quale soggetto facente capo alla ditta subappaltante, esclude motivatamente la ricorrenza dei due profili di colpa specifica contestati al prevenuto”. In particolare quanto alla omessa predisposizione di ‘idonee misure atte ad evitare crolli intempestivi di tramezzi non adeguatamente ancorati alle murature perimetrali’, “la Corte distrettuale osserva che il crollo aveva interessato un tramezzo interno privo di rilevanza strutturale, quindi non necessitante di puntellamento, il cui cedimento era stato causato dallo stesso lavoratore (M.R.) il quale, seguendo una procedura operativa scorretta, aveva sferrato colpi di mazza verso la base del muro, provocandone il cedimento per mancanza di sostegno; rileva, quindi, l’insussistenza del nesso causale tra l’evento lesivo ed il mancato puntellamento del muro”. Riguardo poi al profilo di colpa riguardante la mancata formazione-informazione del M.R., “la sentenza osserva, correttamente, come la sfera di controllo del subappaltante-committente non può estendersi fino alla sostituzione del subappaltatore-datore di lavoro nell’attività di formazione-informazione dei dipendenti di quest’ultimo (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi ed altri, Rv. 26497401; Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 25267201), rilevando la non esigibilità di un controllo pressante, continuo e capillare del F.B. sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, fino al punto di verificare in proprio la professionalità e la competenza in materia di sicurezza di ciascun dipendente della ditta subappaltatrice; né – continua la Corte territoriale – era emerso che l’imputato fosse posto a conoscenza della carente formazione del M.R.”. In definitiva – continua la Cassazione – “si tratta di logiche e coerenti argomentazioni che non sono state in alcun modo specificamente contestate o confutate nel ricorso del M.R., che va pertanto dichiarato inammissibile”. La Cassazione oltre a dichiarare inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende.